Ho voluto pubblicare un post su Facebook, ancora una volta su Montecelio, per approfittare del largo palcoscenico che offre questo social network e per portare all’attenzione di nuovo una parte delle integrazioni da me inserite nel libro di Don Celestino Piccolini “Montecelio – già Monticelli” in occasione della ristampa del 1974 ad opera della “Associazione Culturale Montecelio”.

Questa volta ho scelto il lavoro da me svolto allora sullo Sviluppo Urbanistico di Montecelio (vedere Immagine N.1) per confrontarlo con l’Affresco (vedere Immagine N.3) fotografato a Palazzo Cesi di Roma e per cogliere altri dettagli allora (era il 1973/74) non evidenziati. Poiché questo argomento è stato da me ripreso sul mio libro facendo però economia sullo spazio che potevo dedicargli perché il volume cartaceo cresceva troppo, voglio recuperare oggi utilizzando il blog del mio Sito Web.

Così scrivevo allora: La mia passione di indagare, la fattiva collaborazione di Corrado Venanzi e degli esponenti del “Gruppo Archeologico Latino – Settore Corni colano” (cioè di Maria Sperandio, Maria Teresa Petrara, Zaccaria Mari e tutti gli iscritti di quel tempo), hanno fatto scaturire la prima parte del seguente lavoro vale a dire hanno portato alla compilazione della carta dello Sviluppo Urbanistico di Montecelio dal X Secolo d.C. fino ai nostri giorni (ricordare che era il 1973/74). Lungi dal ritenere perfetti i risultati di un tale lavoro, scaturito da ipotesi che appresso verranno dichiarate, rimane comunque il conforto di avere operato seriamente e di avere dato un contributo alla conoscenza di Montecelio.

Sulla scorta delle osservazioni e studi eseguiti sulle murature della Rocca e in seguito di accurate ispezioni, casa per casa, in forza di notizie raccolte circa lo sviluppo urbanistico di fine ottocento-inizio novecento, ancora a memoria di qualche 80/90enne ancora in vita (si ricordi sempre che eravamo negli anni 1973/74) e infine ricercando tra libri, rinvenendo dipinti (confrontare con Affresco – Immagine N.3) consultando vecchie mappe, si è intravisto un metodo di lavoro che avrebbe potuto condurre a qualcosa di positivo. Altra ipotesi fondamentale di base del lavoro svolto è quella di avere preso in considerazione, data una certa costruzione e  allo scopo di una sua datazione di esecuzione, la parte più bassa o se non altro quella predominante in termini volumetrici e di qualità tralasciando le superfetazioni. Infine, si è ritenuto che nel corso dei secoli solo in qualche caso sporadico e quindi non determinante si sia proseguito a sventramenti, demolizioni consistenti di fabbricati già eseguiti; al più, come già accennato, ad una costruzione può avere fatto seguito una sopraelevazione o l’ampliamento e ciò sia per le scarse risorse economiche sia per l’orografia che è fortemente vincolante.

Tenendo presenti tutte le ipotesi sopra dichiarate, i risultati sono stati graficizzati e riassunti nella tavola “Immagine N. 1” con varie retinature.

Sia durante il lavoro e sia a lavoro ultimato si sono concretizzati i seguenti punti:

Punto a) intorno al I Sec. d.C. sul monte ove attualmente si ergono i ruderi della Rocca, v’era un tempietto pagano, ancora in parte rimasto, con arce fortificata (in conformità con quanto asserito da Don Piccolini) e più nulla semmai i ruderi di Curriculum ;

Punto b) intorno al X sec. d.C. viene edificato il recinto della Rocca sfruttando il materiale della vecchia arce romana e successivamente (XI sec.) sorgono le prime costruzioni (distanziate a valle da tale cintura) per lo più nella zona del Castelluccio (si noti Castelluccio = primo piccolo avamposto del Castello posto a  monte), in piccola parte in via del Cantone, mentre pochissime altre vengono realizzate sull’attuale via Fuori le Mura e credo nei varchi meno aspri tra gli scogli e ciò quasi sicuramente per approntare un primo sistema difensivo; con l’insediamento di questi nuclei sorgeva, nella zona dell’attuale Chiesa di S. Giovanni, il Cimitero;

Punto c) nei secoli successivi XII-XIII-XIV si assiste allo sviluppo a forma di “boomerang” del centro abitato (cioè una grossa lettera V con la parte incavata rivolta verso la Rocca); si realizza la cucitura tra i vecchi nuclei del Castelluccio e via del Cantone in direzione di via de’ Scacchi, via del Sole e via S. Antonino da un lato, mentre sorge un consistente insediamento nella zona di via delle Fate, fine via del Capo Croce, fine via della Lucera; sono di questo periodo la Chiesa di S. Lorenzo e la Chiesa vecchia di S. Giovanni ancora senza campanile cuspidato; si può infine affermare che alla fine del 1300 ancora non ha preso forma lo sbarramento verso via della Ferrata e via Fuori le Mura né tantomeno quello su via del Borgo e cioè si può asserire che ancora non esisteva quella che in seguito sarà la cinta muraria;

Punto d) nei sec. XV-XVI-XVII, oltre all’edificazione del futuro Palazzo Cesi, sorgono le Chiese di S. Antonio, S. Antonino. S. Biagio, mentre la Chiesa di S. Giovanni Evangelista, annessa al Cimitero, assume maggiore importanza con l’aggiunta del campanile cuspidato ed altre (disordinate) costruzioni limitrofe; lo sviluppo urbanistico si irrobustisce ed il  “boomerang” prende corpo e compattezza con il completamento su via del Borgo, via della Ferrata, via Fuori le Mura e la quasi completa saturazione delle zone interne verso la Rocca con l’esclusione di una larga fascia ai piedi della stessa in direzione S-O, S, S-E (il versante Nord è restato del tutto inedificato fino ai primi del 1900); a questo punto sorge spontaneo chiedersi: le cosiddette “Mura”, che solo ora possono essere definite, hanno una funzione difensiva contro eserciti invadenti oppure hanno la semplice funzione di riparo verso bande di briganti o piuttosto costituiscono il perimetro urbano cioè la delimitazione dell’area entro cui la Comunità può edificare?  Ritengo valide le due ultime ipotesi;

Punto e) il XVIII sec. Vede l’ampliamento al di sotto di via del Borgo, ai lati di via Servio Tullio e sulla piazza S. Giovanni Evangelista; viene riedificata la Chiesa principale su progetto dell’Arch. Filippo Leti (inaugurazione 1710), vengono erette le Chiese conventuali di S. Michele e S. Maria del Gonfalone; nel sec. XIX si assiste ad un riflusso verso la Rocca: ai piedi di questa, ormai in abbandono, sorgono molte costruzioni specie in via degli Scogli e via della Rocca e successivamente altri insediamenti a valle, in via S. Maria, via del Passeggio e in via Monte Albano;

Punto f) il sec. XX ha portato, infine, altri insediamenti in nuove zone ma non ha determinato un massiccio spopolamento del vecchio centro storico fin verso gli anni 50; la storia successiva al 1950 è storia attuale (si ricordi sempre che il presente lavoro risale agli anni 1973  – 1974) ed è a portata di tutti e perciò dovrebbe essere trattata in modo ancora più ampio. Dal 1950 e ancor prima il centro di Guidonia ha cominciato ad esercitare una certa attrazione per gli abitanti di Montecelio vuoi perché a Guidonia “passava il treno” e vuoi perché più prossime a Guidonia ci sono le fonti di lavoro quali le cementerie, l’aeroporto, le cave di travertino; non ultimi hanno influito i fatti che a Guidonia era stata spostata le sede comunale e i terreni, piuttosto pianeggianti, si prestavano ad essere meglio coltivati con i nascenti mezzi meccanici e poi vi era, più o meno in lontananza, la possibilità che quei terreni sarebbero stati edificabili; negli anni dal ’50 al ’60 il richiamo verso Roma e verso la fascia industriale sulla Tiburtina, che allora appunto incominciava a crescere, ha portato ulteriormente altri cittadini a spostarsi da Montecelio e a preferire i dintorni di Guidonia se non addirittura Roma.  Negli anni dal ’60 al ’70 assistiamo all’edificazione più a valle dello stesso centro storico con insediamenti a fine via del Passeggio, in località Fonte Vecchia ecc. Arrivò poi il 14 maggio del 1971 l’adozione del PRG. Qui le cose si complicano e, come già accennato, benché le vicende edificatorie fossero ancora sotto gli occhi di parte della popolazione tuttora vivente, gli appetiti speculatori misti alle aspirazioni politiche non sempre legittime, rendono diversa l’analisi dello sviluppo urbanistico.

A questo punto lasciatemi dire che fino al 1974 potete esaminare, per completezza di quanto esposto, le tre immagini allegate e notare la notevole corrispondenza che c’è tra le Immagini 1) e 3) se riferite a fine anno 1600 (trascurando quella cupola mai esistita se non nella mente dell’autore dell’affresco ed  inserita per compiacere la famiglia Cesi) mentre per i fatti postumi, oltre l’anno 1974, vi consiglio (sommessamente) la lettura del mio libro “Una Vita, La Mia Terra (brava gente e…)” che ho pubblicato a fine 2019 in cui troverete la continuazione dello sviluppo urbanistico di Montecelio e un ampio panorama di nomi e cognomi, di fatti e misfatti, molti e documentati, e senza fare sconti ad alcuno, compresi l’autore.


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